Le bambole nel Medioevo e oltre: valenza ludica, simbolica e allegorica
DOI:
https://doi.org/10.4420/unict-asdf.v17i0.221Abstract
Lo studio indaga le diverse valenze della bambola come manufatto ludico, simbolico e allegorico nel Medioevo. L’impiego ludico, nonostante fosse inteso come un esercizio d’imitazione, propedeutico alle mansioni che la società del tempo assegnava alla donna, non subiva esclusioni di genere. Poche sono nel periodo indagato sia le testimonianze archeologiche, a causa della deperibilità dei materiali usati, sia quelle letterarie, che forniscono dettagli di un certo rilievo solo dal secolo XII in poi. Il fatto che le bambole fossero donate spesso alle spose, come si deduce da quelle registrate negli inventari dotali, attesta la loro valenza simbolica: erano giocattoli evocativi del loro futuro di madre e modelli cui ispirarsi per avere dei figli con le stesse fattezze. Le bambole o i “gesuini”, donati alle fanciulle votate alla vita religiosa, richiamano anch’essi la maternità, non quella fisica che esse non avevano voluto o potuto sperimentare nel mondo, bensì quella spirituale.
This study investigates the different significances of dolls as recreational, symbolic and allegoric artefacts during Middle Ages. Their playful use, although conceived as an imitation practice preparatory to the tasks assigned to women by the society of the time, was not gender specific. Due to the perishable materials used, there are few archaeological proofs of this period, and the literary resources providing details of any importance date back only from the XII century onwards. Furthermore, the fact that the dolls were often given as a gift to the brides, as it can be deduced from those recorded in the dowry inventories, testifies their symbolic significance: those toys would evocate their future mother lives and provide a model to look up to in order to have children with similar features. The dolls or “gesuini” (little baby Jesus), given to the girls consecrated to a religious life, also recall the idea of motherhood, which was not the physical one they did not want or could not experience, but rather the spiritual one.
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